11 aprile 2019

FUGA DEI CERVELLI DAL SUD: INTERVISTA COL RETTORE MANFREDI DAL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO «La fuga dei giovani sta desertificando il Sud: manca la classe dirigente»

di Simona Brandolini dal Corriere del Mezzogiorno del 4 aprile 2019

L’emigrazione universitaria «più che emorragia la definirei vera e propria desertificazione». Gaetano Manfredi è rettore della Federico II, ma anche presidente della Crui e da anni analizzare dati fa parte del suo lavoro quotidiano. Quelli Svimez, pubblicati ieri dal Corriere del Mezzogiorno, raccontano un’altra faccia della stessa medaglia, quella della fuga della «meglio gioventù» meridionale. Ché di questo stiamo parlando. Che ci costa in termini di capitale umano e di Prodotto interno lordo. Ma soprattutto avrà ripercussioni davvero nefaste sul futuro delle regioni meridionali.

Nell’anno accademico 2016-2017 157 mila diplomati del Sud si sono iscritti negli atenei del Centro-Nord. Il dato più alto è quello lucano, il più basso campano. Come se lo spiega?

«È un fenomeno che già esisteva e si è molto amplificato con la crisi economica. La forte migrazione verso il Nord la motivo essenzialmente col fatto che visto che in quelle regioni ci sono opportunità di lavoro, si trasferiscono già da studenti. Hanno così un piede direttamente nel mercato».

Costando moltissimo alle regioni e alle famiglie.

«Certo, ma soprattutto depauperando il nostro capitale giovanile. Quando un ragazzo su tre non si iscrive nella propria regione dovrebbe scattare un allarme, dovrebbe far preoccupare tutti. Ma il problema nasce prima».

Cioé alle superiori?

«Certo, perché c’è una minore propensione a iscriversi all’università».

Al Sud qual è la media?

«Si iscrive soltanto il 45 per cento dei diplomati. Neanche la metà. Al Nord 7-8 punti in più».

Quindi in Italia solo la metà degli studenti prosegue gli studi universitari.

«Tant’è che abbiamo il tasso di laureati più basso d’Europa oltre alla più bassa percentuale di ragazzi che non si diplomano. Se aggiungiamo che non c’è lavoro, in Italia e nel Sud la situazione peggiora c’è il più alto numero di ragazzi che non studia e non lavora di Europa».

Cosa comportano quelle che sembrano solo statistiche?

«Danni enormi. Sul Pil perché quelli più istruiti se ne vanno, sulla demografia, perché le regioni meridionali da più giovani stanno diventando le più vecchie. Danni sul capitale sociale, perché sono i migliori ad andar via. Non ci sarà classe dirigente».

I dati campani sono leggermente più confortanti. Perché?

«Se si riesce a dare un’offerta competitiva e un brand universitario nazionale e internazionale, le famiglie e i giovani restano. Abbiamo un patrimonio da difendere. Garantendo un collegamento col mondo del lavoro, un rapporto con le aziende».

Effettivamente la Federico II ultimamente sta diventando un centro per l’impiego.

«E lo deve essere sempre di più. Tant’è che la migrazione in Federico II è quella dei laureati, con numeri importanti, arriviamo al 50 per cento. Il passo in avanti da fare è quello di usare questo capitale umano come leva di attrazione per l’investimento di impresa. E un po’ sta avvenendo. Accenture, Tim, Hitachi, stanno assumendo in Campania e stanno dando un contributo essenziale per fermare questo flusso enorme di ragazzi. Quella che definirei una desertificazione. Senza contare che i giovani istruiti a loro volta possono creare lavoro per chi ha meno competenze. Se se ne vanno è una tragedia per tutti».

Pensa che in Italia questo grande tema sia in agenda?

«Secondo me non è sentito da chi ci governa. È avvertito al Sud dalle famiglie che hanno i figli fuori e da noi accademici che li vediamo partire. Il Paese commette un grave errore, perché si sta creando un nuovo divario che porta altri divari, ingovernabili. Le grandi contrapposizioni tra regioni lo stanno vivendo la Francia con i gilet gialli e l’Inghilterra».

Che cosa dovrebbe fare la politica?

«La prima cosa: investimenti pubblici e privati nel Sud che creano occupazione di qualità. E per fare questo ci vogliono politiche di incentivazione, infrastrutture, perché il territorio deve essere competitivo, servizi più efficienti, pubblica amministrazione più efficace. Lavoro chiama lavoro. La concentrazione di investimenti nel trangolo Milano-Padova-Bologna sta attraendo tutti i giovani italiani».

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